Testi SEO: come scriverli per ottenere il massimo della visibilità

Inserire nelle pagine del proprio sito dei testi di qualità è alla base della strategia con cui si vuole aumentare la propria visibilità nel Web. D’altronde, un sito privo di contenuti è come un libro composto solo da pagine bianche. Per quanto possa essere attraente la copertina, l’assenza di contenuto ne determinerebbe sicuramente la scarsa popolarità. Ottimizzare un sito in ottica SEO significa prima di tutto creare i migliori contenuti per il target di riferimento che si intende intercettare. Ed è proprio qui che entra in gioco il SEO Copywriting.

Troppo spesso, purtroppo, ci si dimentica di come gli utenti si rapportino quasi unicamente ai contenuti nel momento in cui visitano un sito web. Dunque, non ponendo la giusta attenzione nei confronti dei testi, molto difficilmente le persone si avvicineranno al tuo brand. La cura dei contenuti, quindi, dovrebbe essere un concetto cardine per riuscire a ottenere il massimo livello di visibilità online, e Google ne è ben cosciente. Infatti, Big G, ha più volte sottolineato la posizione centrale del contenuto come fattore che determina il posizionamento di un dominio.

In questo articolo vedremo cos’è la scrittura ottimizzata per i motori di ricerca e quali sono le principali regole che devi seguire se vuoi scrivere dei testi SEO a opera d’arte. Inoltre, per chi vuole avere sempre a portata di mano un vademecum sul SEO Copywriting, abbiamo realizzato una guida tascabile e consultabile in qualunque momento.

Cos’è il SEO Copywriting?

Il SEO Copywriting è una scrittura che ha lo scopo di creare contenuti originali e piacevoli da leggerein grado di soddisfare un bisogno espresso dall’utente tramite una ricerca in Google.

Nota come in questa definizione non si citino prime posizioni, inserimento di keyword e qualunque altro aspetto connesso ai motori di ricerca. Questo perché, un articolo SEO si interfaccia prima di tutto con le persone, che siano semplici lettori o potenziali clienti. Un articolo scritto in chiave SEO cerca di dare la risposta più completa possibile a una domanda dell’utente o di descrivere dettagliatamente un prodotto o un servizio offerto. Parla con le persone in carne e ossa che si celano dietro la parola “utente”, provando, in alcuni casi, a suscitare in loro emozioni e a persuaderle nel compiere una specifica azione.

Certo, trascurare la SEO e, perciò, l’obiettivo di posizionare i tuoi testi in cima alle pagine dei risultati sarebbe strategicamente sbagliato. Alcune tecniche per rendere i contenuti SEO-oriented sono ancora necessarie (anche se, quasi sicuramente, con il tempo saranno destinate a sparire) e continuano a dare dei buoni risultati. Ma, basare la stesura di un contenuto solamente sulla volontà di raggiungere il primo posto e sull’utilizzo di procedure di ottimizzazione, potrebbe rivelarsi l’approccio sbagliato. D’altra parte, il soggetto in grado di entrare in contatto con il tuo brand per qualunque tipo di motivo, dalla ricerca di informazioni all’acquisto di un bene, rimane pur sempre la persona, e non di certo Google.

Se si adotta questa filosofia, il posizionamento verrà visto come un mezzo per far sì che i tuoi contenuti, utili e ben scritti, siano letti da un numero via via maggiore di persone che fanno parte del pubblico di riferimento.

Scrivere un articolo in ottica SEO: i 14 consigli da mettere subito in pratica

Dopo aver compreso le finalità del SEO Copywriting e qual è il giusto metodo da attuare per interagire con l’utente, scalando al tempo posizioni nelle SERP (pagine dei risultati di un motore di ricerca), vediamo ora tutte le azioni da intraprendere per dare vita a un testo apprezzato dalle persone e da Google.

1. Inizia dalla keyword research

Il punto di partenza nel lavoro di scrittura di articoli SEO non poteva che essere la ricerca keyword. Un’attività che rappresenta il vero fondamento della stesura di testi SEO-oriented e, più in generale, di ogni intervento finalizzato a guadagnare posizioni nel motore di ricerca.

Selezionare le giuste parole chiave non è un lavoro facile. Dietro ciascuna keyword si cela un mondo tutto da scoprire, ma, soprattutto, dietro di esse si celano delle persone, con le proprie sfumature e caratteristiche. Nel momento in cui uomini e donne digitano una query nel motore di ricerca hanno in mente un contenuto che vorrebbero trovarsi davanti, in grado di fargli raggiungere lo scopo che per cui stanno interrogando Google. Detto in altre parole, gli utenti manifestano un intento di ricerca tramite le parole inserite in Big G ed è questo il punto focale sul quale concentrarsi nella scelta delle keyword.

Gli intenti di ricerca si suddividono in tre macro-categorie: informazionalitransazionali e navigazionali. La prima, come si potrà intuire dal nome, sottintende ricerche che hanno l’obiettivo di acquisire informazioni su un argomento (ad esempio: “come si pulisce il vetro di una macchina?”). Gli intenti di ricerca transazionali si riferiscono a keyword che esplicitano la volontà di trovare un prodotto o un servizio (ad esempio: “scarpe da calcio”) all’interno della pagina dei risultati. L’ultimo, invece, porta con sè lo scopo dell’utente di dirigersi direttamente verso un contenuto già sviluppato dal brand indicato nella query (“computer Lenovo”).

A questo punto ti starai chiedendo: “Ma a cosa mi serve conoscere questa distinzione?” La risposta è: a creare un contenuto in linea con l’intento di ricerca manifestato dagli utenti.
Facciamo un esempio per chiarire quanto scritto: riprendendo il discorso precedente, ipotizziamo di possedere un e-commerce che venda scarpe da calcio. Dalla ricerca delle parole chiave vedremo che le persone effettuano diverse query che contengono la keyword “scarpe da calcio”, come ad esempio [scarpe da calcio online], [migliore scarpe da calcio online] e così via.

Ecco, prendiamo in considerazione queste due keyword, ossia [scarpe da calcio online] e [migliori scarpe da calcio]: la prima esprime un intento di ricerca evidentemente transazionale, la persona che la digita vuole trovare uno shop online che venda scarpe da calcio. Dunque, si aspetterà di trovare un contenuto che lo inviti ad acquistare le scarpe da calcio in quel negozio online per una serie di motivi, come il fatto che lo shop abbia a disposizione un’ampia gamma di prodotti, che essi siano di qualità e quant’altro. La pagina dello shop che mostra le scarpe da calcio potrà sicuramente cercare di posizionarsi per questa chiave.
Al contrario, con la seconda ricerca l’utente vuole semplicemente sapere quali sono le migliori calzature per giocare a calcio. L’utente non ha nessuna intenzione di acquistare delle calzature e, anzi, il fatto di proporle nella pagina potrebbe infastidirlo. Il contenuto che si potrebbe aspettare è rappresentato da un articolo che elenchi una serie di scarpe da calcio perfette per giocare. Se si possiede un blog, realizzare un articolo su questo argomento consentirà di posizionarsi per tale parola chiave, sempre senza propinare in maniera troppo esplicita le scarpe da calcio vendute nell’e-commerce.
In definitiva, il succo della questione è che posizionare una pagina che ha come obiettivo quello di far convertire l’utente, facendogli acquistare un prodotto o compilare un contact form, per una parola chiave informativa è controproducente, dato che si intercetterebbe un pubblico che non è disposto a comprare. Chiaramente, anche il contrario sarebbe una scelta sbagliata poiché, in questa eventualità l’utente vuole acquistare immediatamente e ha già superato la fase informativa.

Oltre all’intento di ricerca, gli altri dati attribuiti a una singola keyword sono il suo volume e la difficoltà nel posizionarsi. Con il volume riuscirai, tramite dei software come SEMrush o SeoZoom, a sapere qual è il numero di ricerche medie, su base mensili, riferito alla parola chiave. Grazie alla Keyword Difficulty abbiamo un’indicazione, in percentuale, della difficoltà nel raggiungere la prima pagina dei risultati di Google riguardanti la parola chiave in questione.

Nella maggior parte dei casi, le parole chiave che presentano un alto volume di ricerca sono quelle caratterizzate da una competizione più elevata e, di conseguenza, da una keyword difficulty maggiore. Per questo motivo dovrai studiare attentamente le parole chiave, alla ricerca della keyword con un buon volume di ricerca e una competizione moderata.

Un buon inizio per scegliere le parole chiave è creare una tabella Excel che indichi il volume, la difficoltà di posizionamento e l’intento di ricerca delle keyword, come nell’immagine seguente.

Il successivo passo consiste nell’espansione della keyword principale individuata e nell’individuazione delle chiavi a coda lunga (o keyword long-tail). Le chiavi a coda lunga ti saranno utili per comporre i paragrafi dell’articolo e per ottimizzare ciascuno di questi per una determinata keyword long-tail. Scrivendo un articolo su “cos’è il digital marketing”, ad esempio, possiamo rilevare una o più chiavi a coda lunga, come [digital marketing turistico], su cui costruire dei paragrafi e trattare lo specifico sotto-argomento. Anche in questa fase, è giusto analizzare il volume e la keyword difficulty associati alle parole chiave long-tail).

L’ultimo step per quel che riguarda la keyword research è l’identificazione delle giuste chiavi correlate. Le persone cercano nel motore di ricerca in maniera differente e utilizzano parole diverse tra loro. Alcuni utenti potrebbero cercare [computer portatile] mentre altri [pc portatile], ma il risultato è che entrambi le keyword esprimono il medesimo intento di ricerca (transazionale e orientato all’acquisto di questo strumento informatico) e sarebbe errato creare due contenuti diversi e ottimizzati per le due differenti parole chiave. Ovviamente, il volume di ricerca e la difficoltà di posizionamento rimangono sempre due fattori da valutare nella selezione di una parola chiave correlata rispetto a un’altra.

Oltre ai già citati SEMrush e SEOZoom, esistono altri tool che permettono di coprire davvero tutte le ricerche legate a un argomento. Citando quelli più validi e utili, AnswerThePublic è una vera miniera d’oro per le keyword long-tail e Also Asked permette di visualizzare tutte le domande poste dagli utenti su un tema.

Anche il nostro caro Google ci facilita nella ricerca delle keyword. Infatti, nella parte finale di ogni pagina dei risultati è presente un box dal nome “Ricerche correlate” che esibisce le query digitate da altri utenti e legate semanticamente (vedremo in seguito a cosa ci riferiamo con questo termine nel SEO Copywriting) a quella inserita da noi. In aggiunta, la funzione Google Suggest è particolarmente utile per scoprire le parole chiave a coda lunga. Per attivarla, ti sarà sufficiente inserire una keyword come [sedia ufficio] e inserire un asterisco (*) prima, dopo o tra i due termini per veder comparire dei consigli su parole chiave ancora più specifiche. Si tratta di due strumenti assolutamente da non sottovalutare, perché restituiscono dati aggiornati e, soprattutto, derivanti direttamente dal motore di ricerca.

2. Dai un volto ai tuoi lettori: le reader personas

Se non hai in mente per chi stai scrivendo, come potrai mai persuaderlo e coinvolgerlo grazie al tuo articolo? La risposta, anche se ovvia, te la do io: non potrai né convincerlo a intraprendere un’azione né farlo appassionare a ciò che offri.

Per questa ragione, è essenziale costruire un modello idealtipico di quella che potrebbe essere la persona che leggerà il tuo contenuto e che vuoi intercettare, ovvero la reader persona. Nell’identificazione di questo lettore ideale, dovrai cercare di tracciare il suo profilo socio-demografico e di delineare le proprie credenze e valori. Nel dettaglio, sarà fondamentale capire l’età della reader persona, la sua professione, il luogo in cui vive, il suo livello di istruzione oltre a cosa vuole raggiungere con i prodotti e i servizi che un’azienda offre e quali sono le sue reali domande ed esigenze.

Più si aumenterà il grado di dettaglio nella descrizione della reader persona, più si riuscirà ad adattare il contenuto alle peculiarità del lettore immaginato. Se dalla rappresentazione della persona tipica che appartiene al tuo pubblico di riferimento emerge come essa sia giovane e sportiva, potrai, ad esempio, adottare un linguaggio più informale e fare nel testo esempi che rimandino al mondo dello sport. Al contrario, se tale persona è più avanti con l’età ed è molto legata alla tradizione, potrai utilizzare un linguaggio comprensibile da tutti e cercherai di far emergere i suoi valori negli articoli.

Non deve trarre in inganno il fatto che si parli di reader personas e, perciò, unicamente di lettori. Questo perché la tendenza è quella di assegnare loro il mero ruolo di soggetti alla ricerca di informazioni. Tutt’altro, tali rappresentazioni idealtipiche potrebbero corrispondere a quelle che vengono definite buyer personascioè coloro che sono in linea con il target che usufruisce dei tuoi prodotti o servizi. Sottolineiamo tale concetto, per far emergere l’importanza di adattare i testi SEO ai lettori, che altri non sono che le stesse persone che compreranno i tuoi prodotti o servizi o consulteranno i tuoi articoli.

3. Fai risaltare il tag title della pagina

Alla digitazione di una query sul motore di ricerca, corrisponde la restituzione da parte di Google di una serie di risultati, chiamati snippet. In quest’ultimi, il primo elemento che l’utente consulta è il tag title, ossia il titolo SEO della pagina che compare unicamente nella pagina dei risultati e nella finestra del browser.

Il tuo tag title dovrà essere in grado di preannunciare nel modo più esaustivo possibile il contenuto della pagina e di suscitare un’emozione nella persona. Sensazioni come curiosità o sorpresa agiscono come un magnete verso l’utente, il quale sarà molto più propenso a dare il proprio clic a un titolo che lo attrae. Ancora prima, però, la domanda da porsi è: il tag title è coerente con il testo presente all’interno del documento? Se l’utente atterra in una pagina in cui il contenuto non combacia con quanto riportato nel titolo, se ne andrà immediatamente. È chiaro.

L’ottimizzazione del tag title va anche nella direzione di comunicare in maniera precisa al bot di Google di cosa tratta uno specifico documento. Di fronte a un title tag non chiaro, lo spider si troverebbe in difficoltà nel posizionare una pagina di cui non ha compreso a pieno il contenuto.

Visto che il tag title rappresenta un fattore determinante nella scelta dell’utente di cliccare o meno su un risultato, studiare e testare varie combinazioni è una best practice che non ha controindicazioni.

Concentrarsi nel trovare un tag title efficace, da un punto di vista di visibilità, porterà i seguenti benefici alla pagina:

  • Aumento del CTR, cioè del rapporto tra il numero di impression riferite al risultato di ricerca e l’effettivo numero di clic conseguiti.
  • Miglioramento del ranking.
  • Incremento della notorietà del brand.

Passando alle tecniche per creare un titolo SEO a regola d’arte, i consigli che vogliamo darti sono:

  • Mantieni la lunghezza del tag title al di sotto dei 60 caratteri o, comunque, non superare i 600 pixel di estensione (Google non “misura” la lunghezza del title in caratteri, bensì in pixel).
  • Inserisci nel titolo la parola chiave primaria, per cui intendi ottimizzare la pagina, il più possibile a sinistra. Tale pratica è valida per tutte le tipologie di documenti, tranne che per la home page. Il tag title della pagina principale del sito, invece, dovrebbe immediatamente mostrare il nome del brand nel titolo per una questione di riconoscibilità del marchio.
  • Evita di includere a forza tutte le parole chiave individuate per l’ottimizzazione della pagina, ma concentrati su quella che hai scelto come “principale”. Un titolo senza alcuna logica e pieno zeppo di keyword infastidirà l’utente, che avrà problemi nel leggerlo, e il motore di ricerca, che, oltretutto, ha previsto una penalizzazione per tale pratica (keyword stuffing).
  • Dove possibile, prova a costruire un titolo a mo’ di listainserendo in aggiunta un numero. Per fare un esempio: “Le 20 piazze d’Italia più belle”. Tale prassi è perfetta per i tag title degli articoli presenti in un blog. Diversi studi hanno segnalato come queste varianti di tag title tendano a risaltare di più agli occhi degli utenti.

4. Scrivi una meta description accattivante e completa

L’elemento che accompagna il tag title e completa lo snippet di una pagina è la meta description. Nonostante non incida direttamente sul posizionamentola sua ottimizzazione è un’attività fa comunque parte di scrittura SEO capace di dare buoni risultati. Questo perché, una descrizione ben fatta potrebbe aumentare il CTR, che, come scritto, è un fattore di ranking a tutti gli effetti.

Renderla SEO friendly significa, prima di tutto, riassumere il contenuto della pagina in una descrizione che non superi i 160 caratteri o 923 pixel. Inoltre, l’inserimento della keyword primaria all’interno della meta description innalzerà il grado di matching tra la query e il risultato di ricerca. Dunque, sfrutta questo tag per essere esaustivo e per stimolare l’utente a cliccare proprio sul tuo risultato.

5. Non sottovalutare l’introduzione

Le prime parole che il lettore legge sono cruciali per catturare la sua attenzione e per invogliarlo ad arrivare fino in fondo. Una buona introduzione deve fornire un rapido resoconto di cosa verrà trattato nella pagina e di quello che l’utente guadagnerà dalla lettura dal contenuto. Essenzialmente, dovrai dare al lettore una ragione per fermarsi a consultare il tuo articolo e non quello ospitato in un altro dominio.

I modi per riuscirci sono molteplici: si può puntare sull’instaurazione di un legame emotivosul suscitare curiosità o sul senso di urgenza (cosa si perderebbe l’utente abbandonando all’istante la lettura del testo). L’importante è non utilizzare dei giri di parole per esprimere concetti per cui basterebbero una riga, altrimenti l’utente non aspetterà più di un secondo nel visitare un altro contenuto.

6. Organizza il testo in paragrafi

Immagina di costringere il tuo pubblico a leggere lunghissimi articoli privi di paragrafi, dei muri bianchi riempiti di un infinito numero di parole. Un vero incubo. Quelli che nel mondo online vengono chiamati tag di intestazione, in inglese heading tag, servono a suddividere il testo in paragrafi per facilitarne la lettura e per conferire al contenuto una precisa organizzazione gerarchica.

A Google piacciono le cose fatte con estrema precisione e utilizzare gli Heading nel modo corretto aiuterà il bot del motore di ricerca a consultare il testo con maggiore semplicità. Se faciliterai il lavoro del crawler, il colosso di Mountain View potrebbe ricompensarti con un posizionamento migliore.

Il primo tag di intestazione da utilizzare e in cui è consigliabile inserire la keyword primaria è l’H1 (Heading 1), ovvero il titolo che comparirà unicamente all’interno della pagina. Esso si differenzia dal tag title, che compare esclusivamente nella pagina dei risultati e nella finestra del browser, proprio per questo motivo. Tag title e H1 possono coincidere o meno, non esiste un’indicazione SEO precisa sull’argomento.

H2, H3 e così via saranno utili per organizzare il testo in maniera chiara per utenti e motori di ricerca. In ottica SEO, dovrai includere in uno degli H2 la keyword primaria per la quale vuoi ottimizzare la pagina. Per il resto, non esistono particolari suggerimenti sull’utilizzo delle intestazioni, tranne per il fatto di differenziarli uno per uno e di non scendere al di sotto dell’H3. Altrimenti, il loro uso avrebbe l’effetto contrario, incasinando la lettura da parte di utenti e Google.

7. Limitati a elaborare URL semplici

Nei bei tempi andati, in cui era sufficiente inserire all’interno del sito il più alto numero di parole chiave possibile per posizionarsi in cima ai risultati di Google, le URL erano composte unicamente da un’accozzaglia indistinta di keyword.

Ai giorni nostri, invece, le cose sono cambiate. Ora questi elementi devono sì contenere la parola chiave principale della paginamaprima di tutto, devono essere in grado di comunicare in pochissime parole il contenuto della pagina, a Google e utenti.

Delle URL composte da pochi caratteri faciliteranno anche la condivisione dei tuoi articoli sui vari social, come Facebook e LinkedIn.

8. Linka pagine interne e risorse esterne

Il principio sul quale si fonda l’intera infrastruttura online, che chiamiamo comunemente Web, è quello del link, del collegamento delle risorse presenti in questo spazio virtuale. E, di certo, Big G, uno dei protagonisti più importanti del Web, non poteva sottrarsi a questo fondamento. Il crawler di Google, infatti, scopre e consulta le risorse avvalendosi proprio dei link come mezzo per muoversi da una pagina all’altra.

Ora, tu vuoi che il motore di ricerca scopra più pagine contenute nel tuo sito per posizionarle nelle pagine dei risultati, giusto? Beh, per fare questo dovrai inserire nell’articolo SEO che stai scrivendo dei link a pagine correlate interne, ossia a contenuti che hai elaborato in precedenza e che trattano argomenti affini a quello del testo che sei impegnato a redigere.

Mettendosi nei panni dell’utente, dei link interni di approfondimento a testi presenti nel tuo dominio aiuteranno il visitatore, appunto, a entrare nel dettaglio dell’argomento generale e a far emergere in lui o lei la sensazione che sei molto competente nel tuo settore. Magari, perciò, la prossima volta che la stessa persona cercherà informazioni sull’argomento di cui ti occupi nel sito, digiterà direttamente il tuo sito o blog (solitamente sono i blog a cercare di intercettare delle ricerche informazionali. Ricordi, vero, cosa si intende per query informazionale? Se no, vai subito all’inizio di questo articolo).

L’interlinking non è utilizzabile esclusivamente per “fare informazione”, ma può venire utilizzato anche in un’ottica commerciale. Inserire dei link interni può creare un percorso che porterà il tuo target all’interno delle pagine di maggior interesse per il business. Se possiedi un e-commerce, ad esempio, i collegamenti interni rappresenteranno un ottimo alleato per dirigere il tuo pubblico verso le schede prodotto.

link interni che potresti aggiungere nei tuoi testi SEO-oriented, però, non sono solo interni. Anche quelli a risorse esterne possono migliorare la qualità dell’articolo. Avere pagine con approfondimenti interni per ciascun tema è praticamente impossibile e da qui nasce la necessità di avvalersi anche di contenuti prodotti da altri. Citare siti e dati presenti in domini autorevoli innalzerà, a sua volta, la fiducia nel proprio articolo sia lato utente, il quale, grazie a noi, potrà consultare contenuti utili e interessanti, sia lato motore di ricerca, dato che Google comprenderà la volontà di offrire un articolo di qualità. Appellarsi a fonti esterne in alcuni casi è necessario, poiché nessuno possiede una conoscenza completa sull’argomento che tratta. E anche se ce l’avesse, Google non ci crederebbe!

Nonostante possa sembrare ovvio, ci teniamo a segnalare due suggerimenti: fai aprire i link in nuove schede, di modo che il lettore abbia sempre aperto il tuo articolo di partenza, e non citare i tuoi competitor diretti.

9. Includi contenuti multimediali interessanti

Un testo composto unicamente da parole risulta abbastanza complicato da consultare. Anche il lettore più propenso a leggere il tuo contenuto potrebbe andarsene di fronte a un muro di testo. Immaginiinfografiche e video servono per alleggerire la lettura e per far “respirare” l’articolo (e soprattutto il lettore). In questo modo, chi visiterà il tuo contenuto godrà di un’esperienza di navigazione decisamente più piacevole.

Inserendo degli elementi audiovisivi, però, si riesce anche a spiegare meglio i concetti espressi nell’articolo. Un’immagine permette di far visualizzare un’entità trattata all’interno del contenuto. Le infografiche sono degli strumenti perfetti per riassumere i dati in una rappresentazione visiva. Grazie ai video puoi far vedere come si esegue una determinata azione, in maniera pratica e operativa. Essi non vanno considerati come una perdita di tempo o come un qualcosa di superfluo, gli utenti li gradiscono più di quanto si pensi perché facilitano la consultazione del documento e lo arricchiscono con elementi di completamento. Un utente che prova sensazioni positive visitando il sito, sarà più propenso a fare ritorno in esso.

Sebbene il colosso di Mountain View stia continuamente aggiornando i propri algoritmi, il bot di Google ancora non riesce ad afferrare cosa è rappresentato in un’immagine. Nell’ottica di aiutarlo a capire il contenuto della foto, i due campi da riempire sono il titolo della foto e l’alt tag. Infatti, quando il crawler si trova dinanzi a una foto, scansiona ciò che viene inserito nel titolo e nell’alt tag. In ciascuno di questi meta-tag dovrai includere la keyword primaria della pagina e sintetizzare il contenuto dell’immagine. Il titolo dovrà essere semplice (massimo 1-2 parole) e non dovrà contenere caratteri poco comprensibili da utenti e Google come “?” o “%”.

Particolare importanza viene attribuita all’alt tag, che oltre a essere “letto” dal motore di ricerca, viene ascoltato dalle persone non-vedenti, grazie a particolari software. Evita, quindi, l’inserimento frenetico di parole chiave e riassumi in pochi termini gli oggetti o le persone presenti nella foto.

(i campi in cui inserire titolo e alt tag nel caso in cui si usi WordPress)

10. Perfeziona la leggibilità

Ancora prima di applicare tutte le tecniche per la scrittura in ottica SEO, ci si deve assicurare che il proprio contenuto sia estremamente facile da leggere. Con il termine “leggibilità” chiamiamo in causa diverse questioni, che incidono poi sul successo o meno di un testo.

Innanzitutto, il tono con cui provvediamo a redigere l’articolo avrà un forte impatto sul “rapporto” immaginario che si stabilisce tra testo e lettore. Sempre dopo aver fissato chi sia la propria reader persona, si dovranno utilizzare dei termini in linea con il lettore ideale. Se ti stai rivolgendo a un pubblico più esperto in materia, puoi utilizzare tecnicismi e parole più specifiche. Al contrario, se ti stai interfacciando con un utente neofita e meno esperto, il tuo compito sarà quello di semplificare i concetti e di renderli facilmente assimilabili utilizzando parole di facile comprensione.

Citata in precedenza, la suddivisione in paragrafi è una delle migliori pratiche per migliorare la leggibilità. Immagina lo spazio bianco che intercorre tra un blocco di testo e un altro come una boccata d’aria per il lettore, un momento di pausa per poi buttarsi a capofitto nella lettura del paragrafo seguente. Puntare su paragrafi brevi, ma concisi, che diano subito le informazioni pertinenti a quel blocco di testo, permette agli utenti di destreggiarsi meglio nella consultazione dell’articolo.

Ognuno dei titoli presenti nella pagina, in aggiunta, dovrà da solo comunicare all’utente di cosa tratterà un determinato paragrafo. Non includere delle intestazioni come “Esempio” o “Perché?”, perchè non farai altro che incasinare la lettura da parte delle persone e dei motori di ricerca. In uno studio effettuata dall’istituto di ricerca Nielsen, emerse come gli utenti leggano seguendo un modello “a F”, ossia iniziando dalla parte sinistra dello schermo e continuando verso destra nel caso in cui siano interessanti a proseguire nella lettura delle successive fasi. Pertanto, sarà fondamentale curare i titoli e renderli chiari ed esplicativi del contenuto del paragrafo.

Presenti in quasi la totalità dei testi SEO friendly e non, gli elenchi sono un’ottima soluzione per interrompere il flusso del testo e organizzare le informazioni in maniera più schematica e comprensibile. Utilizzali quando necessario e non abusarne, altrimenti otterresti l’effetto contrario.

Una pratica comune a coloro che si dilettano nella scrittura di testi SEO-oriented è l’impiego di frasi brevi. Esse semplificano la lettura e consentono di focalizzarsi meglio sui concetti espressi. Alcuni dei copywriter più famosi affermano che ciascuna frase dovrebbe essere composta da massimo 20-25 parole.

Sempre all’interno della ricerca condotta da Nielsen, si è potuto osservare come gli utenti utilizzino le parole in grassetto, denominate trigger words nello studio, per consultare un articolo. Il consiglio, anche qui, è di non esagerare con l’uso e di applicare una logica: potresti, infatti, impiegarlo per creare una mappa di lettura con le frasi più importanti del paragrafo.

Potrà sembrare banale e scontato, ma la scelta di un buon font è decisiva per garantire agli utenti una buona leggibilità.

11. Elimina gli errori grammaticali e di battitura

Ma sì, un paio di accenti imprecisi e di apostrofi di troppo non saranno la fine del mondo… Nulla di più sbagliato! Ciascuna pagina del tuo sito rappresenta una copertina di quello che è il tuo brand e la tua attenzione verso l’utente. Un testo con errori di sintassi e di refusi potrebbe trasmettere alla persona una sensazione di noncuranza nei suoi confronti.

Nonostante gli algoritmi non riescano a valutare in maniera umana l’impatto negativo delle inesattezze grammaticali, non sempre queste macchine sono gli unici soggetti a valutare un sito web e a determinarne il posizionamento. Google, infatti, dispone di una schiera di quality ratersovvero persone che hanno il compito di esaminare i diversi domini presenti sul web e attribuirgli un punteggio. In quanto persone, essi sono in grado di capire che un sito con troppi errori di sintassi non può rappresentare un’eccellente risorsa per gli utenti.

12. Dì tutto, dillo una volta sola

L’obiettivo di un articolo scritto in ottica SEO è quello di trattare l’argomento in maniera completa ed esaustiva. Tale pratica, però, non deve tramutarsi nel girare attorno al temasenza arrivare subito al punto.

La maggior parte degli utenti necessitano di risposte rapide, talvolta rapidissime (come vedremo a breve), e non hanno nè tempo nè voglia di leggere un contenuto imbottito di giri di parole. Focalizzati sui concetti che vuoi esprimere ed esponili in maniera concisa, evitando di utilizzare troppe parole per un’idea per cui ne basterebbero molte di meno. Sta sicuro che gli utenti apprezzeranno e, col tempo, ti vedranno come colui al quale rivolgersi per una specifica esigenza.

13. Punta a contenuti dal valore aggiunto

Chissà quante volte hai sentito parlare di “contenuto di qualità”. In molti lo utilizzano senza spiegare davvero in cosa consiste un contenuto che possa definirsi tale. Eppure, al di là di qualunque ottimizzazione su meta-tag, immagini e quant’altro, è il contenuto a decidere il destino di un articolo SEO.

Un contenuto di qualità è, in primis, un contenuto utile. Un testo in grado di rispondere alle esigenze, espresse e non (non sempre la persona sa di aver bisogno di una determinata cosa), degli utenti, più di qualunque altro, avrà maggiori probabilità di posizionarsi nella parte alta della pagina dei risultati. I contenuti più apprezzati dagli utenti sono quelli che rispondono a una domanda, che offrono un prodotto o un servizio desiderato, che intrattengono, che fanno emergere il parere di altri e così via. Va da sé che l’utilità di un testo è strettamente collegata al suo obiettivo ultimo: se l’obiettivo del testo è informare, non dovrai puntare a vendere, perché in questo caso l’utilità del testo verrebbe meno.

Dunque, “utile” e “di qualità” rappresentano due concetti che entrano in relazione quando si adotta una scrittura SEO-oriented. Potremmo dire che un testo è realmente di qualità quando è utile e, che, un testo utile è quasi sicuramente di qualità.

Certo, gli altri elementi trattati in precedenza, come la leggibilità del testo, la presenza di immagini o video di valore o l’autorevolezza di chi scrive hanno il loro peso. Un testo pieno di errori di battitura in nessun modo può essere considerato di qualità. L’inserimento di immagini e video può arricchire l’esperienza di navigazione e far distinguere il testo grazie a contenuti originali. Se a scrivere un articolo è un autore considerato un punto di riferimento nel settore da Google e utenti, allora, a meno di brutte sorprese, il suo contenuto sarà di qualità (d’altronde, si diventa autorevoli scrivendo proprio contenuti di qualità). Ma, se all’interno dell’articolo l’utente non riscontra un carattere di utilità, un beneficio o un vantaggio che emerge in lui solo dopo aver letto il tuo testo, difficilmente il contenuto guadagnerà un buon ranking.

14. Inserisci le giuste CTA

Una delle finalità della scrittura in chiave SEO, come scritto, è invitare le persone a fare una determinata azione. Per questa ragione, le CTA (dall’inglese Call To Action, chiamata all’azione) assumono un ruolo fondamentale nella stesura di un testo. Grazie a esse, infatti, l’utente che sta leggendo l’articolo di un blog o una scheda prodotto saprà subito e in modo chiaro cosa fare. È il classico esempio del bottone inserito in un testo per richiedere un preventivo o per acquistare dei beni.

Beh, anche la loro realizzazione fa parte del SEO Copywriting. Includendo delle chiamate all’azione nell’articolo potrai invitare l’utente a recarsi in una specifica pagina per compiere un’azione funzionale allo sviluppo del tuo business. Oltre a incanalare il traffico verso pagine profittevoli per l’attività, questi elementi hanno anche la funzione di “comunicare” al motore di ricerca come gli utenti interagiscano con il sito, come vogliano sostare in esso e visitare ancora più pagine.

È chiaro che le CTA devono essere coerenti con l’intento per il quale è stato creato il testo. All’interno di una scheda prodotto è del tutto lecito, anzi è obbligatorio, inserire un bottone per acquistare il bene. Questo perché non si fa altro che facilitare il compito al visitatore, il quale atterrando su una scheda prodotto ha manifestato tramite una query come [vendita online scrivanie] la sua volontà di comprare. Il discorso è diverso per un blog, ad esempio, in cui l’utente non ha probabilmente intenzione di acquistare e, quindi, leggere un articolo informativo su un prodotto intervallato continuamente da pulsanti che tentano di reindirizzarlo verso la relativa scheda prodotto potrebbe infastidirlo.

Il mito (sfatato) della keyword density

Agli albori della SEO, era opinione diffusa che la ripetizione della parola chiave primaria all’interno dei testi avrebbe condotto a un posizionamento migliore. I contenuti strabordavano delle keyword per cui si voleva comparire in prima posizione e, come si potrà immaginare, la loro lettura era un vero calvario. I SEO Copywriter dell’epoca, ammesso che si avesse la concezione della materia, seguivano il credo della keyword density.

Con il passare del tempo, Google ha cercato di eliminare questa pratica e, attualmente, inserire il maggior numero di volte possibile la keyword principale nel contenuto non ha alcun beneficio per il ranking. Gli aggiornamenti degli algoritmi di Google hanno lo scopo di umanizzare la SEO e renderla sempre meno meccanica.

Addirittura, il motore di ricerca, attualmente, è capace di comprendere qual è il tema principale di un articolo senza che la parola principale riferita all’argomento trattato venga mai inserita nel testo. E questo concetto introduce il prossimo paragrafo.

Semantica e SEO Copywriting

Se stessimo scrivendo un articolo sui mouse del computer, Google sarebbe in grado di capire che si sta parlando di questo dispositivo senza che la parola “mouse” sia inclusa all’interno del testo. L’algoritmo di Big G, infatti, lo dedurrebbe dai termini semanticamente legati alla keyword primaria, come “puntatore del computer”, “rotellina”, “batteria” ecc…

Un esempio di quanto stiamo dicendo proviene proprio da Google e, in particolare, da Danny Sullivan, impiegato nell’azienda Google Public Liason for Search, il quale nel 2018 twittava:

Traducendo dall’inglese, un utente aveva cercato: “perchè il mio televisore sembra strano”. Tutti i risultati proposti da Google si concentravano su una particolare funzione delle TV moderne, dal nome soap opera effect che se attivata, modifica i livelli di nitidezza delle immagini facendole apparire in modo diverso dal normale. Chiaramente, gli articoli non erano ottimizzati per la chiave [perchè il mio televisore sembra strano] ed essa non compariva nel testo, eppure il motore di ricerca era riuscito a comprendere l’intento che si celava dietro la query.

L’insegnamento che possiamo trarre da questo esempio è quello di concentrarci sul campo semantico della keyword primaria scelta per ottimizzare il testo. La semantica è una materia che studia principalmente il significato delle parole. I termini “PC” e “computer” appartengono allo stesso campo semantico, cioè significano la stessa cosa (il dispositivo per scrivere che la maggior parte di noi utilizza giornalmente). Per questo motivo, un testo SEO-oriented che funge da guida ai computer e in cui la keyword primaria è [pc], non potrà non concentrarsi anche sulla parola chiave [computer], data la vicinanza di significato. In questa ottica, utilizzare i sinonimi all’interno dell’articolo porterà dei vantaggi da un punto di vista SEO. A giovarne, però sarà anche la fluidità del testo e la leggibilità generale.

… sì, ma quanto deve essere lungo l’articolo?

La risposta, come nella maggior parte delle questioni legate alla SEO, è: dipende! Infatti, è la tipologia di contenuto che si andrà a creare a determinare la lunghezza del contenuto.

Immaginiamo di avere un negozio che venda sanificatori d’aria e di dover scrivere il testo che accompagna la descrizione di ciascun prodotto. Un bene non propriamente comune e che necessita di essere spiegato nelle sue caratteristiche tecniche, nel suo funzionamento, nei suoi benefici e così via. Come può un articolo di massimo 300 parole descrivere adeguatamente il prodotto e dare all’utente tutte le informazioni necessarie? Non può farlo, ovviamente! L’utente, invece, quasi certamente, avrà intenzione di conoscere quanti più dettagli possibili e una scheda prodotto non in grado di fornirglieli, non è utile per la sua ricerca.

Tuttavia, non tutti i contenuti hanno bisogno di testi di migliaia di parole a fare da contorno. Ne sono un esempio le query legate ai dubbi grammaticali. Ogni mese, centinaia di utenti digitano nel motore di ricerca [si scrive buongiorno o buon giorno] e non si aspettano di certo un articolo sulla provenienza della parola, ma solo di sapere qual è la forma grammaticale corretta o, in alternativa, quando utilizzare l’una o l’altra. In questo caso, un infinito articolo di accompagnamento non avrebbe alcun beneficio sul posizionamento del contenuto.

SEO Copywriting vs copywriting tradizionale: quali sono le differenze?

Nell’immaginario collettivo, i copywriter tradizionali sono dei creativi, alle prese ogni giorno con cartelloni pubblicitari e annunci sulla carta stampata, che hanno la capacità di scegliere le parole giuste per convincere le persone a fare una determinata cosa. Dei provetti Don Draper usciti dalla serie televisiva Mad Men, potremmo riassumere. Professionisti che riescono a coinvolgere il target di riferimento e a comunicare loro una serie di valori.

Beh, la figura del SEO Copywriter, per certi versi, non si discosta molto, o meglio, non si dovrebbe discostare, da quella dei creativi di vecchio stampo. L’abilità nel persuadere l’utente a eseguire una specifica azione e nel trasmettere i caratteri distintivi di ciò che si offre sono comunque skill che anche i copywriter online devono possedere. E, allo stesso modo, un pubblicitario tradizionale deve essere astuto nell’inserire le giuste parole chiave in un manifesto o in un affisso.

Quindi, le due professioni sono più simili di quanto si pensi. Forse, l’unica differenza consiste nell’ambiente in cui si opera: online nel caso del SEO Copywriter e offline in quello del copywriter tradizionale.

Conclusioni

Scrivere testi SEO richiede l’ottimizzazione di vari elementi, ma, soprattutto, richiede di mettersi nei panni dell’utente e di dargli ciò che lui vuole. Che sia un articolo di approfondimento di un blog o una scheda prodotto per acquistare quello che desidera. Solo così, la persona percepirà il tuo impegno nel fornire un reale valore.


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