Link Building: cos’è e come va fatta per aumentare la visibilità del brand

All’interno di una strategia SEO performante, la link building ricopre ancora un ruolo primario. Il motore di ricerca Google ha da sempre attribuito un’importanza enorme ai link che indirizzano verso una determinata risorsa web e, di certo, non è intenzionato a cambiare logica. D’altronde, la valutazione dei collegamenti ipertestuali che un dominio riceve, per determinare il posizionamento dello stesso, è tra gli elementi che fanno di Google un motore di ricerca decisamente più avanzato rispetto ai suoi concorrenti.

Eppure, in molti non vedono nella link building un’opportunità per aumentare la visibilità del proprio business aziendale. La considerano un’attività “scorretta” agli occhi del motore di ricerca per cui non vale la pena correre rischi oppure sono convinti che essa non sia in grado di dare i risultati sperati. 

Come vedremo nel corso dell’articolo, queste supposizioni non sono del tutto infondate. Tuttavia, la costruzione di link in entrata verso il tuo sito web, specialmente se operi in un mercato molto competitivo, è una pratica che non puoi assolutamente accantonare. Spesso, concentrarsi unicamente sull’ottimizzazione di tutto ciò che si trova all’interno del proprio dominio, ossia sulla SEO On-Sitepuò non essere sufficiente per raggiungere gli obiettivi prefissati.

Se vuoi conoscere nel dettaglio la link building e scoprire come farla senza incorrere in penalizzazioni, non ti resta che continuare a leggere!

L’elemento su cui poggia l’intera infrastruttura che comunemente chiamiamo Web è il link. Sono le connessioni, sotto forma di collegamenti ipertestuali, a dare forma all’Internet, a creare quei nodi (infatti, si parla di Rete) che consentono a utenti e motori di ricerca di scandagliare i vari siti web presenti in questo spazio intangibile.

Ogni link è una sorta di invito a consultare un ulteriore risorsa web per diversi motivi: approfondire un tema trattato in un articolo per cui è stato creato un contenuto dedicato, consultare una scheda prodotto o visitare il dominio di una specifica azienda. Dunque, dietro un collegamento ipertestuale ci possono essere degli intenti informativi, transazionali (ossia legati all’acquisto) o navigazionali (riguardanti la visita di un sito web di uno specifico brand).

I collegamenti ipertestuali rappresentano una linfa vitale per il lavoro del motore di ricerca statunitense. Essi permettono a Google di scoprire sempre più documenti sparsi nel Web, utili per restituire agli utenti la miglior risposta possibile alle query effettuate dalle persone nella barra di ricerca.

La pratica che prende il nome di link building consiste nell’ottenimento di link che risiedono in siti web terzi e che indirizzano il visitatore e Google verso il proprio dominio. Detto in altre parole, l’attività di link building mira ad aumentare il numero dei backlinks, ossia i link in ingresso, che un dominio riceve. L’insieme di link in entrata verso un dominio dà origine a un profilo backlink che si lega al sito web. In questo modo il posizionamento diverrà nettamente migliore e ciò si tradurrà in livelli di visibilità e traffico decisamente più alti.

Attenzione, però, la definizione appena riportata manca di un elemento fondamentale, un aspetto che viene ripetuto (giustamente) in tutti gli ambiti connessi alla SEO: la qualità. Sì, perchè, il vero obiettivo della link building è, o meglio dovrebbe essere, far crescere il numero di link che Google considera “di qualità”.

Per valutare la qualità di un link, il motore di ricerca si è sempre basato, e continua a farlo, sull’algoritmo Page Rank, il quale deve il proprio nome al suo sviluppatore Larry Page, fondatore di Google insieme all’amico di una vita Sergey Brin.

Inizialmente, il Page Rank attribuito a ogni dominio era visibile in una barra di colore verde ed, evidentemente, i proprietari dei siti e i loro visitatori potevano scoprire il livello di autorevolezza di ciascuno di essi. Dal 2014 ciò non è più possibile, ma siamo sicuri che Google continui a usare l’algoritmo per stabilire l’authority di ogni dominio presente nel Web.

Rendendo comprensibile il funzionamento di questo algoritmo, potremmo affermare che ogni link che un sito riceve è da considerarsi come un voto che un dominio linkante restituisce. 

La novità del Page Rank, però, ha rivoluzionato il modo con cui Google considera i link e la bontà delle risorse Web: se il link proviene da un sito con un Page Rank alto, allora il voto sarà positivo e conterà molto. Al contrario, se la citazione a mezzo di link risiede in un dominio con un Page Rank basso (ossia un sito che appare agli occhi di Google come di scarsa qualità per gli utenti), allora il voto conterà sì, ma in maniera negativa, andando ad abbassare il Page Rank del dominio che ottiene il backlink. Infine, se il link deriva da un sito creato da poco, il collegamento ipertestuale conterà poco, dal momento che il sito che linka non ha “avuto tempo” di accumulare Page Rank.

Da questo concetto si può intuire come il primo requisito per considerare un link di qualità sia la provenienza, ossia da quale dominio giunge. Un link derivante dal sito del Corriere della Sera o del blog di riferimento in cui operi, risorse considerate affidabili e caratterizzate da una popolarità estesa, sarà in grado di trasferire autorevolezza (link juice in gergo tecnico) al tuo dominio. Invece, un link che proviene da un sito che, ad esempio, si limita solo a fare spam e a trattare argomenti illegali, non farà altro che danneggiare il tuo posizionamento e la tua autorevolezza agli occhi di Google.

Collegato al discorso della provenienza del link, c’è quello del profilo backlink del sito da cui ricevi una menzione sotto forma di collegamento ipertestuale. Se il dominio linkante riceve citazioni a mezzo di link da siti autorevoli, esso sarà in grado di trasmettere questa autorevolezza al tuo dominio e migliorare così il posizionamento organico.
Si tratta di un aspetto sul quale è giusto riflettere con massima attenzione. Al contrario, molti SEO Specialist preferiscono ospitare i backlinks in siti che hanno un’elevata mole di traffico, piuttosto che analizzare i loro profili di link in ingresso. È opportuno scegliere dei domini dotati di un profilo backlink eccelso per poter usufruire della loro autorevolezzapiuttosto che optare per siti che hanno sì molte visite giornaliere, ma che posizionano i contenuti con maggiore difficoltà.

Google, per valutare la bontà di un backlink, esamina anche la vicinanza in termini di argomento tra la pagina da cui parte il collegamento ipertestuale e il contenuto di destinazione del link. Più le due risorse sono affini per quel che riguarda il tema trattato, più il link in entrata sarà visto di buon occhio dal motore di ricerca e più sarà capace di portare benefici alla pagina e al sito che ottiene il link.

Anche la posizione fisica del link è un fattore che il motore di ricerca prende a riferimento per determinare se il backlink è di qualità o meno. Con l’aggiornamento degli algoritmi, Google si è abituato a reputare insignificanti quei collegamenti ipertestuali ospitati nel footer o nell’header di un sito web. Infatti, una decina di anni fa si era soliti aggiungere dei link in queste sezioni dei domini, che si ripetono in ogni pagina, per aumentare il numero di citazioni ipertestuali che indirizzano l’utente verso un altro sito web. Attualmente, i backlink autorevoli per Google sono quelli provenienti dal corpo del testo e che offrono degli approfondimenti utili al lettore.

Quando si parla di backlink, non tutti sanno che se una pagina contiene più link a risorse esterne, il Page Rank che quel contenuto possiede viene diviso per il numero dei collegamenti ipertestuali a siti terzi. Come si potrà intuire, dunque, ricevendo un link da una pagina che ne presenta altri, non si potrà ricevere il Page Rank del contenuto nella sua interezza. Poco male, però. Se quel contenuto linka delle risorse di qualità (pratica obbligatoria quando si decide di aggiungere dei collegamenti ipertestuali esterni), il motore di ricerca potrebbe vedere il tuo dominio come di qualità per associazione con gli altri link.

Ottimizzare le anchor text

Le porzioni di testo cliccabili e che contengono il link prendono il nome di anchor text. In una campagna di link building la loro ottimizzazione è decisiva per raggiungere i propri obiettivi prefissati.

L’errore più comune che viene commesso nell’ottimizzazione delle anchor text è scegliere, incessantemente, la parola chiave primaria per cui è stata ottimizzata la pagina di destinazione del link come ancora. Si parla, in questo caso, di anchor text a corrispondenza esatta. Agendo in questo modo, infatti, Google potrebbe diventare molto sospettoso sul fatto che tali link siano stati costruiti in modo artificiale.
Al contrario, diversificare le anchor text aiuterà a tenere lontane le penalizzazioni. 

Le tipologie di anchor text che si possono usare sono:

  • URL nude, riportano l’URL della pagina che si sta linkando. Ad esempio “https://www.vanillamarketing.it”.
  • branded, evidenziano il nome del brand. Ad esempio “Vanilla Marketing”.
  • branded ibride, contengono il nome del brand e il prodotto/servizio offerto. Ad esempio “sviluppo dei siti web da parte di Vanilla Marketing”.
  • corrispondenza esatta, utilizzano la keyword principale scelta per l’ottimizzazione della pagina di destinazione. Ad esempio “il servizio di social media marketing ad Ancona”.
  • con keyword correlate, usano delle parole chiave che hanno lo stesso significato della parola chiave principale della pagina di destinazione ma si caratterizzano per termini differenti. Ad esempio, riprendendo l’anchor text del punto prima, potremmo optare per “gestione social media ad Ancona”.
  • generiche, fanno uso di termini come clicca quiscopri di più e così via. Ad esempio “clicca qui per ulteriori informazioni su come realizziamo i siti web”.

Le anchor text a corrispondenza esatta danno i risultati più considerevoli per il ranking delle pagine, ma sono anche maggiormente tenute d’occhio da Google perchè destano più sospetti. Per questo motivo, è necessario ruotare le tipologie di anchor text elencate, sempre senza creare dei pattern predefiniti.

L’attributo nofollow

Agli albori della SEO, nei primi anni Duemila coloro che tentavano di ottimizzare i siti per i motori di ricerca erano soliti inserire all’interno della sezione commenti di quanti più blog possibili un link al proprio sito web. Il risultato era una miriade di blog che ospitavano commenti privi di valore, punti di vista, riflessioni o altro.

La soluzione adottata da Google fu la nascita dell’attributo rel=nofollow che indicava al motore di ricerca di non “seguire” quel link, ossia di non far sì che l’autorevolezza di una pagina venga trasferita al contenuto che si aprirà cliccando su link. In questo modo, l’inserimento di un commento spam contenente un link non portava nessun beneficio alla pagina di destinazione del collegamento ipertestuale.

L’attributo va aggiunto al codice HTML di un link che, dunque, apparirà in questo modo:

<a rel=”nofollow” href=”http://www.example.com/”>Testo</a>

Di per sé, nel momento in cui non viene specificato l’attributo nofollow, ogni link è dofollow, cioè è capace di trasferire link juice verso un’ulteriore risorsa web e di migliorarne il posizionamento.

Ad oggi, sono molti i soggetti che utilizzano l’attributo nofollow quando linkano un determinato contenuto. In aggiunta, ciascun link immesso in forum o nella sezione dei commenti presenta tale attributo. Eppure, i link contrassegnati dal nofollow sono comunque importanti in una campagna di link building, il perchè lo scoprirete nel prossimo paragrafo!

Le strategie che possono essere messe in atto per aumentare il numero di link in ingresso e l’autorevolezza del tuo sito sono pressochè infinite, perché molteplici sono i casi in cui si può ricevere un link. Quelle riportate di seguito, infatti, sono solo alcune delle tecniche utilizzate dai SEO Specialist per fare link building. Sarà l’abilità di colui che si occuperà di quest’attività a fare la differenza, in positivo o in negativo.

Nell’attività di ottenimento dei link l’aspetto che bisogna sempre tenere in considerazione è quello della naturalezza. Sì, perchè, all’interno delle proprie linee guida, al paragrafo “Norme sulla qualità”, Google vieta esplicitamente la link building e attività simili. 

Dunque, è fondamentale che il proprio profilo backlink risulti il più possibile naturale agli occhi del motore di ricerca. Concretamente, ciò significa che i link che indirizzano verso il tuo sito web devono provenire da domini differenti, che trattano argomenti diversi tra loro, non arrivare tutti insieme, avere anchor text variegate, essere posizionati in punti diversi delle pagine e così via. Un profilo di link in ingresso naturale ha citazioni anche da domini di scarso valore per fare un esempio. Questi consigli non sono altro che gli elementi con cui Google valuta un backlink come un link in entrata di qualità.
Riassumendo, il motore di ricerca non deve individuare dei pattern, ossia degli schemi che si ripetono e che gli segnalano che quei link sono di natura artificiale e non spontanea.

Riprendendo il discorso sull’attributo nofollow, quindi, possiamo concludere che nell’ottica di un profilo di link in entrata naturale anche le menzioni ipertestuali nofollow hanno il loro peso. È davvero improbabile che un sito presenti unicamente dei link dofollow, anzi, una situazione del genere potrebbe far insospettire il motore di ricerca. Perciò, guadagnare delle citazioni nofollow è assolutamente consigliato.
Per ultimo, ma non per importanza, il fatto che un linkanche se nofollow e non in grado di migliorare il posizionamento di una pagina web, è comunque un mezzo che porta traffico al tuo sito web, un ponte tra un dominio esterno e il tuo portale, con tutti i vantaggi di visibilità che ne conseguono.

Passiamo, quindi, a illustrare alcune tecniche per creare delle citazioni ipertestuali, da utilizzare con parsimonia e, soprattutto, con logica.

Guest Post

Tale tecnica consiste nel pubblicare un contenuto di qualità non all’interno del proprio sito ma in un portale esternoinserendo però un link al proprio dominio. Naturalmente, il portale in cui si andrà a mettere il link dovrà essere selezionato con cura e si dovrà ragionare se quel sito sarà in grado di trasferire un valore in termini di autorevolezza.

Il consiglio è quello di diventare dei pubblicatori abituali su blog di qualità, piuttosto che puntare a diversi portali che si reputano autorevoli. La ragione risiede nel fatto che, più si scava nella ricerca di siti che Google reputa rilevanti, più è ovvio che la qualità andrà calando. È naturale. Meglio, perciò, puntare a 2-3 portali di riferimento e cercare di inserire regolarmente articoli e relativo link al proprio sito.

Grazie al guest posting, sia il proprietario del portale sia colui che pubblicherà il contenuto avranno un vantaggio. Il primo potrà godere di un articolo di valore ospitato nel proprio dominio, mentre il secondo avrà ottenuto una citazione a mezzo di link verso il proprio sito web.

Directory

Le directory rappresentano degli spazi web in cui i proprietari di un’azienda e del corrispettivo sito possono farsi conoscereinserendo i dettagli della loro attività e un link al proprio dominio. Si tratta di una pratica che nei primi anni del 2000 portava i suoi frutti ma che ora è decisamente meno incisiva. A oggi, è comunque una tecnica consigliabile per ricevere dei link e per aumentare la propria visibilità nel Web.

In base alla nostra esperienza, se possiedi un’attività che opera in una zona ristretta, aggiungere la tua azienda in delle directory locali può portare dei risultati più che soddisfacenti.

Commenti su forum e blog

Ma come, non avevamo detto che i commenti su forum e blog sono inutili? Esatto! Sebbene ciò sia vero, però, se si vuole far apparire come naturale il proprio profilo backlink, è doveroso differenziare i modi in cui si ottengono dei link. Commentare, sempre in maniera pertinente e costruttiva su forum e blog legati tematicamente al tuo sito web, è un’ottima modalità per far conoscere il dominio relativo alla tua attività aziendale. E se i vantaggi sul posizionamento non arriveranno in maniera diretta, non è la fine del mondo. Accrescere la notorietà del brand e del sito è decisamente più importante di scalare una posizione nella pagina dei risultati di Google.

Un’ulteriore opportunità per ricevere dei link al proprio sito web consiste nel ricercare nel Web dei collegamenti ipertestuali non più funzionanti, cioè che reindirizzano a pagine inesistenti, e chiedere al webmaster di “ripararli” con link a delle pagine del proprio sito web. Naturalmente, la pagina di destinazione dovrà essere tematicamente pertinente con quella utilizzata in origine come destinazione del link.

Anche in questo caso sia te che il proprietario del dominio con un link “rotto” avrete un vantaggio: da un lato, tu otterrai una citazione verso il tuo sito web; dall’altro, il webmaster risolverà un problema tecnico presente all’interno del proprio dominio e offrirà ai propri visitatori un contenuto di qualità.

Comunicati stampa

Diffondere comunicati stampa negli appositi spazi online che permettono ciò consente di far conoscere il proprio sito web e la relativa attività. Realizza tali documenti unicamente quando hai qualcosa da dire, come ad esempio la comunicazione dell’apertura di una nuova sede o dell’inizio di una partnership con un’altra azienda.

L’unico avvertimento per quel che riguarda questa pratica è di non inserire il medesimo comunicato stampa in più domini. Operando in questo modo si creerebbero dei contenuti duplicati che possono condurre a una penalizzazione dei siti che li ospitano e, soprattutto, a un posizionamento non ottimale del comunicato stampa.

In ciascuna delle tecniche appena descritte c’è bisogno di “costruire” il link, dandosi da fare per ottenere una citazione a mezzo di collegamento ipertestuale. È giusto sottolineare, però, che esiste una strada, che è la sola apprezzata da Google, in cui i link vengono guadagnati in maniera esclusivamente naturale, senza azioni finalizzate a procurarsi dei backlink. Questa attività prende il nome di link earning e il termine su cui è necessario soffermarsi per capirla appieno è “guadagnare”. Infatti, nella link earning il link viene ottenuto grazie alla creazione di contenuti utili per gli utenti che risolvono un loro problema o rispondono a una loro domanda, che approfondiscono un tema e si distinguono dalla massa per la loro qualità.

Stiamo parlando, ad esempio, della stesura di un articolo ospitato nel proprio blog che entra nel dettaglio di un argomento e lo spiega in maniera chiara e dettagliata, di un’infografica che riassume i dati su una determinata questione e li espone in modo comprensibile, di un webinar in cui si realizzano delle lezioni che permettono alle persone di acquisire maggiori conoscenze su una specifica materia. 

Certo, anche nella link earning c’è bisogno di uno sforzo, quello di dare forma a un contenuto di valore, ma a differenza della link building non ci si deve impegnare per farsi linkare. Dunque, è sufficiente creare il miglior contenuto possibile e aspettare che un sito web, magari dotato di un alto grado di autorevolezza, ci linki? Non proprio, anzi assolutamente no! Se ragionassimo così, probabilmente faremo la fine del nostro amico qua sotto.

Per un sito web è piuttosto difficile ottenere dei link in maniera totalmente naturale. D’altronde, le persone sono piuttosto restie a inserire dei collegamenti ipertestuali nei propri contenuti. Inoltre, se il sito ha pochi mesi di vita, farà molta fatica a posizionare dei contenuti, anche se di alta qualità, e gli altri domini non scoprendolo, non potranno di certo linkarlo.

Perciò, puntando solo sulla link earning potrebbero passare degli anni prima che il tuo sito web riceva dei link e acquisisca un buon livello di authority agli occhi di Google. Integrando tale attività, con una link building coerente e ben ragionata, si potranno raggiungere gli obiettivi prefissati in termini di visibilità del sito web e di posizionamento organico. Le due attività non vanno considerate come dicotomiche, ma dovrebbero coesistere in una campagna SEO: creare dei contenuti di valore vi farà ottenere dei link e permetteranno agli utenti di avvicinarsi e apprezzare il vostro brand e, al tempo stesso, dei link costruiti accorceranno i tempi per l’aumento dell’autorevolezza del dominio web.

Proprio come per le altre strategie di marketing messe in atto, anche una campagna di link building ha bisogno di essere monitorata e di essere analizzata da un punto di vista dei risultati. Dal momento che uno degli obiettivi di tale pratica è migliorare il posizionamento dei contenuti per le parole chiave scelte nell’ottimizzazione del proprio sito, osservare le variazioni di posizione nelle pagine dei risultati è un ottimo indicatore dell’andamento della campagna di link building.

Una delle domande che, in quanto agenzia, riceviamo più spesso è: per quanto tempo devo fare link building? La risposta è molto più semplice di quanto si pensi: finché non si raggiungono le posizioni desiderate nelle SERP! Se il tuo obiettivo è apparire in prima posizione per una keyword strettamente legata al tuo business aziendale, dovrai fare link building sino al raggiungimento del primo posto. Ovviamente, valgono sempre tutte le indicazioni citate in precedenza, quindi, affrettarti a costruire link nel minor tempo possibile e linkando sempre la stessa pagina con una keyword a corrispondenza esatta, non ti farà salire di posizione, piuttosto ti condurrà a una penalizzazione inflitta dal motore di ricerca.

Fermarsi all’analisi del posizionamento, tuttavia, è limitante se si vuole avere una panoramica della visibilità del sito web acquisita con la link building. Per questa ragione, analizzare il traffico referral in Google Analytics consente di esaminare se l’attività di link building intrapresa sta portando dei risultati. Il traffico referral è quello proveniente da altri siti web e monitorarlo permette di sapere se gli utenti, effettivamente, cliccano i link diretti al tuo dominio.
In Google Analytics esso può essere consultato recandosi in Acquisizione > Tutto il traffico > Canali. Cliccando su Referral potrai analizzare le metriche su ogni singolo sito esterno che ha portato traffico al tuo dominio.

In un’ottica di business, la volontà di superare i propri competitors, purtroppo, ogni tanto si traduce nell’attutazione di pratiche aggressive che hanno come unico obiettivo quello di danneggiare il concorrente. È il caso della link building negativa. Coloro che la mettono in pratica acquistano dei link di scarsissima qualità e li fanno puntare al sito web del proprio concorrente.

Nonostante l’algoritmo di Google sia in continuo aggiornamento, esso è ben lontano dal saper scoprire tali tecniche.

L’unico modo per tutelarsi da queste tipologie di azioni, illegali specifichiamo, è di controllare continuamente il proprio profilo backlink e analizzare i link in ingresso per notare se tra di essi ce ne sono molti di scarsa qualità, provenienti da domini spam. Accertarsi della qualità del proprio profilo di link in entrata è fondamentale per avere una panoramica dei siti che ti citano, delle ancore utilizzate e di altri aspetti.

Una volta che vediamo una mole notevole di link di scarsa qualità che puntano al nostro sito, cosa dobbiamo fare?” Scopriamolo nel prossimo paragrafo.

Se registri anomalie di questo tipo nel profilo backlink del tuo sito puoi utilizzare il Disavow di Google, un tool che permette di “rifiutare” alcuni link in entrata. È come se si comunicasse al motore di ricerca di non voler avere niente a che fare con quei backlink.

Attenzione, però, è lo strumento stesso ad avvisare che quest’ultimo va utilizzato con estrema cautela. Questo perché, rifiutare in massa tutti i link in entrata che si considerano non di valore per il proprio sito web, potrebbe fare l’effetto contrario e destare dei sospetti nel motore di ricerca. Infatti, abusare nell’utilizzo del Disavow equivale, nell’ottica di Google, a un’ammissione di colpa. Come se avessimo costruito artificialmente troppi link in ingresso e ora, per rimediare, volessimo ripudiarli.
Per di più, come scrivevamo in precedenza, un profilo backlink naturale contiene anche collegamenti ipertestuali che non apportano nessun valore al sito.

Spesso si tende ad associare la link building con la SEO Off-Site. Già introducendo il concetto di link earning, abbiamo la risposta: link building e SEO Off-Site non coincidono. La link building è solo una delle attività che rientrano nella materia della SEO Off-Site.

La SEO Off-Site comprende tutte le attività che mirano ad aumentare la visibilità del brand online e a migliorare il posizionamento del sito web. Parliamo di attività di digital PR finalizzate a curare le relazioni con il pubblico e con gli influencer del proprio settore di riferimento, di creazione delle schede Google My Business, di attività social e di tutti gli interventi che non vengono eseguiti all’interno del sito web.

Conclusioni

La link building è un’attività di importanza cruciale per il tuo sito web. Senza di essa, rimarrai intrappolato nella seconda, terza, quarta pagina dei risultati di Google e il tuo progetto online non otterrà un adeguato livello di visibilità. Tuttavia, fare link building tanto per farla potrebbe essere davvero controproducente. Tale attività rappresenta un’autentica arma a doppio taglio e solo eseguendola in modo naturale e coerente diverrà un alleato del tuo business aziendale.